Famagosta
Cipro, porto de' Venezia
manta di terra
eternata nel mare
reggi sul dorso
la città di sabbia.
Il mare è guanto di cielo
l'isola nuvola di pietra
porta il vento le vele
mena il vanto del volo
del leone sul mare.
Troppo vicina a mano mora
poco mare a scoraggiare
l'intenzione d'un gesto
senza gloria a fare
dell'isola cippo di sale.
Mare che libera
Mare della mala ora
porti l'orco turco
a maledire l'opera buona
schizza vicina sul mare la prora.
Undici mesi li tennero fuori
per ogni cristiano sedici mori
In sei assalti i malati di morte
cercaron de diveller le porte
dal Bragadin tenute con mano forte.
Undici mesi a sperare
soccorso senza sapere
d'intrighi, dei malfatti conti
di signori ingordi, del
sangue del loro sangue lordi.
Venne la resa, la tregua, la pace.
Il pascià di pece fece dire
di voler vedere il Capitano.
Giurò rispetto, stima della Vita
Spergiurò delitto, ratto, rapina.
Il Generale Spergiuro
firmò pace, diede guerra
del Bragadin fece scempio
dei venezian fece servi
dell'onor disdoro.
Il Capitano sfrangiato d'orecchie
lasciato al ceppo a languire
portato alla fossa a vuotarla d'ossa
legato al palo, sputato, umiliato,
scuoiato, mai alto grido levato.
Il Capitano Bragadin
martire mai divino
ancora uomo, ma,
morto da uomo
più che uomo.
Ancora mano turca ti tiene
sotto lama di luna e stella di neve
dormi un sonno greve, che la
sabbia alla sabbia racconti il ricordo
di chi è morto, dell'infamia, dello scorno.
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